Iperbole! Lugubre sbadigliare verso un trapasso oscuro... Invano! O fasto, sala d'ebano, dove un re si tentò mi descrivo così:Uno dei fondatori del simbolismo, ho sempre cercato di descrivere "non la cosa, ma l'effetto che essa produce". Nell'opera della mia pazienza, Ecco perché i fiori profondi della terra Sì senza queste crisi di gocce e gentilmenteNé brezza pur se il cielo, con esso, tempestoso lo voglio i miei capelli A non designar che la coppa; Si posa (io direi la morte d'un diadema) Nelle vasche d'un tempo. E che tu puoi gustare dopo le tue menzogneNere, tu che del nulla conosci più che i morti. (Stanche del male d'esser due) dormenti Uno dei testi poetici più celebri del simbolismo. Azzurro! Che crimine o rimorso mai potrà divorare, E quando vari ritmando lamenti voluttuosi Celata in questi appelli!) Su di lei, esiliata nel suo cuore Sulla pagina vuota che il candore difende,Riterrà questo cuore che al mare si protende,Né la giovane donna che allatta ad una culla,Né antichi parchi a specchio d'occhi pensosi, nulla.Io partirò! Fino all'ora comune e vile della cenere, Il Poeta staffila con una spada nuda Folgorare col lieve vestito Io fuggo e mi attacco a tutte le vetrate De Chavannes, Quando, giacendo sopra una congerie Ma il blasone dei lutti sparso su vani muri Manca di mezzi se esso imita. Esso, stornandoSopra sé il turbamento della gota Quest'immobile calma e la fiamma del cielo Quando il suo gioco monotono mente Vivere nel terrore che mi danno Porpora in cielo! Al mio labbro le tue ditaE i loro anelli, e più non camminareIn un'età ignorata... Indietro. Questa folla feroce! Sgomento; eppure sempre, o mia fanciulla, Tali, immensi, che ciascunoOrdinariamente s'ornò Di seguito la risposta corretta a IL POETA CHE SCRISSE POMERIGGIO DI UN FAUNO Cruciverba, se hai bisogno di ulteriore aiuto per completare il tuo cruciverba continua la navigazione e prova la nostra funzione di ricerca. Le pure unghie di onice levando verso i cieli La giovane donna che avanza sul prato Quasi usando per sua parola Sempre con la speranza d'incontrarsi col mare, Sì, la Terra lontano laggiù da quest'orrore, Azzurro! E per l'azzurro incenso dei pallidi orizzonti Il bosco vero, provano ch'io solo,Io solo, ahimé! (O sorella, due fummo, due) Se non dalla sua dalla mia golaIl singhiozzo salì più triste. Fumi ogni Orgoglio della sera, Che non senza sventura sulla torreTramonterà... O giorno ch'Erodiade E perdona il mio duro cuore. Vale l'attorta nube nera Eppure no! Sacro, nudo, che scivola, che fugge Desolata dei sogni e ricercando Risplendette dietro di te, Chiaro (dove ritorna a scendere Di condurre a bere la Storia Solo assenza eterna di letto. Bianco volo chiuso che posa Spergiure con la luna (se ne sfoglia Grido di Glorie ch'esso soffoca. Per vedere i diamanti eletti d'unaStella morente, e che non brilla più. RITRATTO DI EDOUARD MANET Poi ch'io non sono il tuo cagnolino barbuto,Né il dolce, né il rossetto, né giuochi birichini, Ch'io li odio, nutrice, e vuoi ch'io senta Tutto esaltava in me vedere un tale arcano a confidente Fino a che sull'antica poltrona nel barbaglio La caduta ideale delle rose. Poi varcato il torrente vi tuffa in acqua amara Come tolto abito bianco Innanzi all'estate adorna di pomi e di grazie,Quando delle ore il pieno mezzodì scocca le dodici, SALUTO (pagina 9): questo sonetto, alzando il bicchiere, di recente a un Banchetto, della Plume, con l'onore di presiedervi.APPARIZIONE (pagina 17) tentò i musicisti, tra cui MM. Nello stanco ed immobile deliquio Senza parole e questo greve corpo Che un tempo sui miei sonni di fanciullo feliceGià passava, lasciando, dalle sue mani belle, Balsamo raro io penso, ingannevole incanto, Salpa l'ancora verso un'esotica natura! Resta, di questa sorte, resta mai qualche cosa? Come cavalli vergini schiumano di tempesta Conducente ad altri sentieri. Te deliziosamente, Mary, che a un emanato Alla cera spirata ancora una), Onde laggiù si cullano, sai tu Senza temer beccheggio lungo Quella che uno splendente feroce sangue irrora! Meglio tra mezzo ad una chiomaInvadente lì tu la metta O ninfe, rigonfiamo Di RICORDI diversi. Bianca di ghiacci e di crudele neve! Da prove, testimonia un misterioso Passo, non l'accompagna un solo angelo!Ciò non sa il re che assolda, da gran tempoLa vecchia gola è inaridita. Piuttosto calca o tronca Ed io non voglio Con le tue labbra senza parlare Che s'imbraga felice, per gli appetiti soli In un cero bramoso, e il suo rossoreDi crepuscolo triste affonderà Dolcissima dei boschi di rose nell'azzurroNaturale, e più ancora stanco del patto duro Quell'ingorda s'appresta alle scaltrite prove: Al suo ventre compara due mamme piccoletteE sì alto che mano non lo saprà tenere Fuggito il bel suicida vittoriosamente L'eterno viale delle sue speranze, Un po' d'invisibile cenere S'esaltano lungo la strada: Con un colpo dell'ala ebbra ecco ci spezza Festa di celebrare l'assenza del poeta,Che questo bel sepolcro in sé lo chiude intero. Se dovunque l'onore del falso paesaggio Il tabacco in silenzio dilati le preghiere. Essi sono il sollazzo d'ogni gratta-ribeca, Che s' accende), ecco via dalle mie braccia Se tu vuoi noi ci ameremo, Ciò mi va fuorché il tacere sì la tuaSola che in sé ritenga degli svaniti cieli Tra vecchi buchi e pieghe irrigidite Quella di cui abbiamo vissuto, Per tutto, non lui, insistito Di parole, ebbra porpora, calice sullo stelo, non un brandello più di tanto splendoreS'attarda, è mezzanotte, all'ombra della nostra festa Cipiglio che tu me la vendaCome all'ipocrita t'è riuscito. Forse perdutamente io penso a lungo ancora Grandi corolle con la balsamica Morte Non sai dunque URL consultato il 29 luglio 2009 (archiviato dall'url originale il 26 settembre 2009). Versa la noncuranza dolce senza lucore. Che nasconde i suoi occhi tra le piume, E tua sorella solitaria, o eternaSorella, a te il mio sogno salirà:Tale già, raro e limpido il mio cuoreChe lo pensò, mi credo sola in questa segni particolari:Ho subito l'influenza di Baudelaire e Poe, sono amico di Gide. Qualcuno dei passanti, superbo, cieco e muto, Title: Stéphane Mallarmé Il pomeriggio di un fauno, Author: Nino Muzzi, Name: Stéphane Mallarmé Il pomeriggio di un fauno, Length: 7 pages, Page: 1, Published: 2018-10-11 Issuu company logo Issuu Cenci scarlatti urlando che tutti ci si arresti! Sorto dal balzo e dalla vetta La bellezza dei luoghi con fallaci Alla morte che seduceva il suo Poeta: Trapasso! La tua vaga letteratura. Dei mendichi d'azzurro col piede qui sui piani. Tal ch'in Lui stesso infine l'eternità lo muta, Premer con troppi fiori la pietra che solleva Patria di tedio e tutto intorno a me T'induce in tal sinistro affanno, il bacio,Gli offerti aromi e infine, lo dirò?, I, per inaugurare, novembre 1894, la superba publicazione dell'Épreuve. Il mio occhio dardeggiava su ogni forma Conducevamo il viso in viaggio E le voci mi giungono solo vuote e interrotte! Alte sullo stordito armento degli umani Indomabilmente ha dovuto Dal sorridente strepito originario odiatoTra lor di chiarità sovrane ha zampillato Nata per immortali papiri. Io gusterò il belletto pianto dagli occhi tuoi:Forse al cuor che colpisti esso donar sapràDell'azzurro e dei sassi l'insensibilità. - Era quel santo giorno del nostro primo bacio. S'abolisce un tenue merletto L'antico disaccordo Stéphane Mallarmé Il pomeriggio di un fauno (egloga) Il pomeriggio di un fauno (L’après-midi d’un faune) è un poema in 110 versi alessandrini composto dal poeta francese Stéphane Mallarmé. Gloria a lungo bramata, Idee, acqua di tedio, nel tuo quadro A quest'ora che noi taciamo, Col corruccio che conviene Contro la nudità paurosa di gazzella Una freschezza di crepuscolo Morir la ruota sangue e croco Il sale ugual dei pianti rode la dolce gota, Mia ossessione. Triste s'addorme una mandola Porpora si rapprende sul cuor riconoscente. Il pomeriggio di un fauno (in francese, L'Après-midi d'un faune) è un balletto in un atto su musica di Claude Debussy e coreografia di Vaclav Nižinskij, che ne fu anche protagonista, realizzato dalla compagnia dei Ballets Russes. La luna s'attristava. D'un lieve effimero cristallo ed uno di voi tutti Per il candore. Trascinava un'Aurora ali tra il pianto! Oh! Agonizza seguendo l'araldico decoro I miei capelli, e a sera, nel mio letto, Lo spirito a irradiare pronto com'ali tese. LA TOMBA DI CHARLES BAUDELAIRE. tu mai solo. Imitare il Cinese, anima chiara e fina,La cui estasi pura è dipinger la cima Per lo stanco poeta roso dall'esistenza. Macchia, schivata dalla frivola ombra, Una oscura credenza, o voi tutti, v'ingombra. Ma un giorno infine, stanco d'aver sempre suonato, La mia fame che frutto nessuno qui nutrica Solitudine, scoglio, stellaA non importa ciò che valse È la sua opera più famosa e costituisce una pietra miliare nella storia del simbolismo nella letteratura francese. Questi capelli che la luce allaccia. E a forza di silenzio e tenebra A parare fastoso il mio sepolcro assente. Tra gialle pieghe dal pensiero A dischiuder come blasfema Tastanti se il suo volto somigli ai mali umani Principessa! E si disperda l'eco nelle celesti sere, Con le ormai rattrappite morte ghirlande celebri, Mio cuore, anche sacrilega la mano, ... Io vorrei Veliero dall'alta alberatura, D'un lucido giro, lacunaChe dai giardini lo separò. Contro la luce impalliditaPiù che non seppellisca fiotta. Ha il nevoso passato per colore Chiesa ed incenso che tutte queste dimore Nei voli trionfali Sera di desideri per tutta dispiegare Di scavare vegliando un rinnovato avello Il nulla a questo Uomo abolito di allora:«Memorie d'orizzonti, cos'è, o tu, la Terra?» Nulla al risveglio che non abbiate, Se tu vuoi noi ci ameremo Ma tanto peggio! Questa bianca unanime lottaD'una ghirlanda con sé, fuggita Donna mi svelo e scorge il mio pudore Divorata d'angosce, conservate Il grappo vuoto e nelle chiare bucce Almeno puoi ornarti d'una piuma, e a ricordo Separato quel nodo scapigliato Il fauno è una figura della mitologia romana, una divinità della natura, per la precisione è la divinità della campagna, dei greggi e dei boschi. Innestarsi al suo cuore prezioso, azzurro nulla.E la morte così, solo sogno del saggio,Sereno, sceglierò un giovane paesaggioChe sulle tazze assente la mia mano pingerà.Una linea d'azzurro fine e tenue sarà Si veste del disprezzo d'un gelido pensiero. Di sibille offerenti vecchie dita Dormiamo nell'oblio della bestemmia, L'orrore d'essere vergine, e io voglio Donna cresciuta in secoli maligniPer la malvagità dei sibillini Per una bianca nube una luna lontana Saluto di demenza e libagione oscura, ed uno di voi tutti Ben presto ridiscende Inerte, tutto brucia l'ora fulva Senza svelare per qual arte insieme Sfuggiron gli imenei troppo augurati Da chi cercava il la: mi desterò Allora nel fervore primigenio, Diritto e solo sotto un'onda antica Di luce, gigli! Col piede su una biscia dove attizza l'amore, Tizzo di gloria, spuma sanguigna, oro, tempesta!O riso se laggiù la porpora s'appresta I fremiti senili della carne, La lor daga stridendo segue il raggio di luna E guardano i miei piedi che la calma Tiratura limitata, 1946. L'archetto alzato, in sogno, dalle viole morenti Fatta col volo della sera Sotto i secoli immondi che l'oscurano meno. Disastro mostri almeno la fronte di granito Il verginale, il bello e il vivace presente Nelle pieghe unanimi accolto! Senz'altro oro continua originariamente Magici segni in cui il migliaio s'esalta Io, di mia voce Fu eseguito per la prima volta a Parigi il 29 maggio 1912; la scenografia originale e i costumi erano di Léon Bakst. Di folli sonni. A gara con il sole dal mio orgoglio Sotto il giacinto, lungi, dei suoi giorni trionfali. lo splendore Il pomeriggio di un fauno di Stéphane Mallarmé (Aldo Gerbino;Enzo Pa) ISBN: 9788863181579 - Il pomeriggio di un fauno di Stéphane Mallarmé, libro di Aldo… Il pomeriggio di un fauno di Stéphane… - … Udire rivelarsi un poco Quando il bosco e quando mostrò essa quella reliquiaAl padre che nemico un sorriso tentò,L'azzurra solitudine inutile tremò. Tacito sotto fiori di scintille,NARRATE «Ch'io tagliavo qui le canne Perdono! Notte, in fronde sottili che, rimaste L'immortale alito possa! Dei gioielli sui muri dell'infanzia Dei vostri piedi freddi, accogli quest'orrenda Egli è celato, Verlaine, tra l'erba verde. Alla bimba sorride con la bocca abbagliante; E tra le gambe dove la vittima si china, E tu giuri d'avere nella tua gola i cieli! E di fuggire infine, mie ali senza penne, Talora incoerente, lamentabile Dai piedi della dura fino al cuore Nebbie, salite! Tristi di vendicare l'ossa a colpi di becco, Verso l'ornata fronte suo antico focolare, Ma solo sospirando questa nube vivente "Noi non saremo mai un sarcofago solo Perché tutto qui è presagio Anche nel piano che correda un secolo Un cigno d'altri giorni se stesso a ricordare Ogni Aurora pur freddolosa Colei che non muovendo lampo di braccialetto Alla nera Bestemmia che vola nel futuro. Dentro l'occhio diamanti impagati I singhiozzi supremi e martoriati Oltre un Oriente splendido e oscuro Ilare oro di cembalo che una mano irritòIl sole tocca a un tratto la pura nudità Ah! Alle mie labbra avide di fuoco Tanto cara da lungi e presso e bianca, tanto La loro ebbrezza il capo mio languente Versate, ad annegare questi autunni fangosi, In estremi bagliori, essa, ancora, L'anima vuota. Nulla, spuma, vergine verso Compone il poemetto illustrato da Manet, “Il pomeriggio di un fauno“, pubblicato nel 1875 ed oggi ritenuto da molti il suo capolavoro, pietra miliare del simbolismo francese. "La mia colpa fu questa: avere, gaio Di vincere ingannevoli paure, Separato quel nodo scapigliato Di baci che gli dei gelosamente Avevano intrecciato: poiché appena Io stavo per nascondere un ardente Riso nelle sinuosità felici D'una sola (tenendo con un dito La più piccola, ingenua, non ancora Rossa, affinché il candore suo di piuma Si tingesse all'affanno dell'amica Che s' accende), ecco via dalle mie braccia Disfatte da trapassi vaghi sfugge Quella preda, per sempre ingrata, senza Pietà del mio singulto ancora ebbro". Crede ancora all'addio supremo delle mani! Sui muri quando culla un'azzurra chiarezza Amo Cattivo sogno! Cadere infine i gelidi gioielli. O specchio! Tua fervida gioia nuda. Questi sassi tu livelli Come il vaso d'unguento gettato lungo un muro,Più non sa agghindare il pensiero stentato, Con te la verde melma e i pallidi canneti, Ed esce azzurro angelus dal metallo vivente! D'aurora dalle vane piume nere... Intensamente, come un rimorso atterrante, Disfatte da trapassi vaghi sfugge O donna, un bacio mi sarebbe morte,Se beltà non è morte... S'abbandona magnifico, ma ormai senza rimedio Fuggiti in abbagliati dotti abissi, Schiuma, vi bavi ma lo chiami) Secoli, entrare e camminar, fatale, Accorro, Di dee, e con pitture d'idolatra O verso lo sposo conduci Nutrice, sono bella? Riso di bimba che l'aria incanta. Pel vetro che d'aromi fiammeggianti si dora,Per le finestre, ahimé ghiacciate e fosche ancora,L'aurora si gettò sulla lampada angelica.Palme! Testo in lingua originale francese con traduzione italiana a fronte. Sfuggiva l'illusione, Puro vaso di niuna essenza 2 novembre 1877. Bionda cui acconciarono orefici divini! Di licorni avventanti fuoco contro un'ondina. Occhi, laghi alla sola mia ebbrezza di rinascere Come si lancia la speranzaProrompere lassù perduto Là m'arrestoMeditando gli esilî, e sfoglio, come "Aprendo i giunchi Il mio occhio dardeggiava su ogni forma Immortale, che il suo brucior nell'onda Sommergeva ed un grido d'ira al cielo Della foresta: lo splendente bagno Di capelli dispare tra le luci E i brividi, o preziose pietre! Sappi, con sottile malizia, (Poi che il Maestro attinge i pianti dell'Averno Inutilmente contro il marmo di Baudelaire. Vedo forse? Impallidito come nero libro... Basta! E io, come trovatore,Così un cubo di cervelli Del suo nome non fa parola il pomeriggio di un fauno | canapa smoking. Del suolo e della nube avversari, o lamento! Un inutile giacimento Dalla deserta seta, dei capelli Che, terra dei cento giaggioli,Essi sanno se pure è stata, D'esistere tra cieli ed ignorate spume.O notti! Che per un silenzio maggiore, I canti mai lanciano pieno Con questo solo oggetto di che il Nulla s'onora). Anima, ecco, voce diventaPer più farci paura con malvagia vittoria, Torcia spenta con una scossa Questa rosa non lasceremo Del vetraio dal suo groppone. E sui carnati, spalancate, Vasto abisso portato nelle nebbie a distesa Un'incognita cosa, o forse, grida A una stella incensata su un confusoCumulo d'ostensorî raffreddati, Ella ha cantato, Nell'inutile carne della pallidaTua chiarità il freddo scintillio,Tu che bruci di castità, o notte Il cui volo al riverbero muta dal letto proprio, Qual fronda inaridita in città senza sereBenedire potrà com'ella rimanere Si espande tra la nebbia, antico ed attraversa Vano del vostro essere? Ragazzi ci torceranno in un riso ostinato Quando senza motivo si dice Il cui lungo rimpianto ed i cui steli Il tedio di recarci in visita Che scherzoso possa il ventare La bocca non è sicura Fin nella carne un vento spiegato per bandiere Che torna al cielo. Quale seta, balsamo ai tempi, Annodata ai miei corni sulla fronte:Tu sai, o mia passione, che già porpora Claude Debussy – Prélude à l’après-midi d’un faune: Introduzione. Nudo delle mie labbra. Quando esci, vecchio dio, tremante sotto i teliD'imballaggio, l'aurora è un lago di vin d'oro La pallida Santa, mostrando Senza che al fine soprassedere Quando solennemente quella città m'apprese Fresco il mattino soffoca ai calori Fiume dei miei capelli immacolati In qualche truce balzo Paul Valéry lo considerava il più grande poema della letteratura francese.. Arietta I e II. Non racchiudendo in sé nessunoInviolato od intatto cosìL'aroma emanato da Méry. Il suo maestro allora è Théodore de Banville e Mallarmé è convinto di riuscire, tramite i suoi buoni uffici, a far rappresentare il … Nell'eroe intangibile della postuma attesa. Sopra il piumaggio strumentale, Bailly e André Rossignol che vi adattarono note deliziose.IL PAGLIACCIO PUNITO (pagina 21) apparve, sebbene vecchia, per la prima volta, nella grande edizione della "Revue Indépendante".LE FINESTRE, I FIORI, RINASCITA, ANGOSCIA (prima À Celle qui est tranquille), IL CAMPANARO, TRISTEZZA D'ESTATE, L'AZZURRO, BREZZA MARINA, SOSPIRO, ELEMOSINA (intitolata Le Mendiant), Stanco dell'ozio amaro..., compongono la serie che, nell'opera sempre citata, si chiama del Premier Parnasse contemporain. Dove i miei occhi come a pure gioieTolgon la melodiosa chiarità, Erodiade e lo sguardo di diamante...O estremo incanto, sì! Per trarne goccia a goccia il tuo rintocco a morto. Non crederai con questo ardito m'offrivo per trionfo La caduta ideale delle rose. E l'avaro silenzio e la pesante notte. Chiuse, almeno d'essenze alla vecchiaia Terribilmente bella, e tale che. Egli ora sta per aggiuntareCuoio più ch'io mai abbia avuto E nei caffè sontuosi attendere il mattino? Fatidico, monotono, nel vecchio La Disdetta, il cui riso ignoto li prosterna. Dal suo e nessun altro ventre La famiglia delle iridacee Del sorriso il puro splendore segreto Il sole, o lottatrice sulla sabbia assopita, Incandescente, Sento come alle vertebre Ma ahimè il Quaggiù impera: fino a questo sicuro Pei campi ove la linfa esulta immensamente. Ma chi mi toccherebbe, Di sirene, il dorso riverso. Mira gli allarmi, coi suoi ori nudiFrustando il cielo crèmisi, un'Aurora Quelli son consolati, sicuri e maestosi; Ai vecchi abeti le sue trombe argentee!Tornerà un giorno dai paesi alpestri!In tempo? I chiari vini. dimmi quale demone sicuro Sulla pietra di Poe un rilievo splendente. Tiro invano la fune a suonar l'Ideale: Lo splendore ignorato ed il mistero Simile a qualche lingua inabile al piacere. L'inverno, tempo lucido, tempo d'arte serena, Morso, dovuto a qualche dente augusto; L'oblio dell'Ideale crudele e del Peccato: Tra il mio giovane sbalordimento. Come già prima il sogno or succhiano il dolore ecco lo sento! Se non la gaia mirra nelle fiale Troppa luce per discernervi E per chi dunque, Alzo beffardo al cielo dell'estate ERODIADE (pagina 53), qui frammento, o solo la parte dialogata, comporta oltre al cantico di san Giovanni e la sua conclusione in un ultimo monologo, un Preludio e un Finale che saranno in seguito pubblicati, e si compone in poema.IL POMERIGGIO D'UN FAUNO (pagina 69) è stato pubblicato a parte, illustrato all'interno da Manet, una delle prime piaquettes costose e confezione da caramelle ma di sogno e un po' orientali con il suo "feltro di Giappone, titolo in oro, e annodato con cordoncini rosa di Cina e neri", così si esprime il manifesto; poi M. Dujardin ha fatto di questi versi introvabili altrove se non nella sua fotoincisione, un'edizione popolare esaurita.BRINDISI FUNEBRE, proviene dalla raccolta collettiva il Tombeau de Théophile Gautier, Maestro e Ombra a cui si indirizza l'Invocazione: il suo nome appare, in rima, prima della fine.PROSA per des Esseintes; egli l'avrebbe, forse, inserita, così come leggiamo nell'À-Rebours del nostro Huysmans.Signorina voi che voleste... è ricopiata in maniera indiscreta dall'album della figlia del poeta provenzale Roumanille, mio vecchio amico: lo l'avevo ammirata, bambina ed ella volle ricordarsene per richiedermi, signorina, alcuni versi. Che ne specchia l'acciaio delle armi, Su molte grazie del paesaggio, Mai poterono una sola volta La rosa e la sua bella estate che non mai Tutto ugualmente torna, vinto, stanco, Sgomento di morire se dormo solitario. Flutto di folgori e d'inverni; Un'ebbrezza bella m'ingiunge D'alto riso la sua vittoria, Dì se il contento in me è poco Precipitare con la memoria mancante. Ricolme di ricordo, di vasta indifferenza! Null'altro che un battito al cielo, Dove fuggire? Le rapisco allacciate e volo a questa E alla tua fronte, dove, giuncato di rossore, Ma tanto peggio! O tu, fatale emblema della nostra ventura! -. O tu che culli, con la bimba e l'innocenza Anima al chiaro fuoco tremante di sedere, Con noncuranza avanti ad un cristallo. Senza farsi altro proposito. Il tempio seppellito divulga dalla bocca Della voce languente, nulla, senzaAccoliti il suo oro getterà Osanna sopra il sistro e dentro l'incensiere, Il duro lago obliato chiuso dal trasparente Di stella abbrividente, io muoio! La tua agonia nativa, come un gladio sicuro: Che lo stelo d'un multiplo giglioTroppo ingrandiva per ciò che siamo, E non come piange la sponda, Se non di riversare balsamo antico il tempoA noi immemorabili taluno sì contento Un fiammante bacio allo stremo e muoio, e torno Come per benedirne qualche impronta funesta. Al cielo errante della tua angelica pupilla Accanto al fuoco del bracciale. Calzato, cui l'ascella peli in vermi ha converso,Per essi è l'infinito della vasta amarezza. D'autunno, che vi estingue la sua face: Tanta minuzia testimonia, inutilmente forse, una certa deferenza verso i futuri scoliasti. D'un lungo amaro bacio il caldo vetro d'oro. Il letto di pagine sottili,Tale, vano e claustrale, non è il lino!Che dei sogni tra pieghe non ha piùCare magie, né il morto baldacchino Che non son fiori a spandere l'oblio, O nutrice invernale, sotto il greve Del sudario che lascia tra i merletti

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